lunedì 9 maggio 2016

Cinque mesi di mobilitazione straordinaria per vincere nelle città e al referendum

La relazione di Matteo Renzi alla Direzione Nazionale del PD del 9 maggio 2016

“Sono rimasto sorpreso che alcuni giornalisti mi hanno chiesto perché facciamo la direzione visto che non abbiamo molto su cui litigare. A parte che ci sottovalutano, sarà un gran giorno quello in cui non ci si stupisce che ci siano organismi che discutono e dialogano anche quando non ci sono problemi. La vera eccezione non siamo noi, i partiti concorrono in modo democratico al governo della res pubblica. Sarebbe bello se anche altri trovano luoghi in cui si preferisce la fatica della democrazia alla dinastia”. Così Matteo Renzi, ha aperto la Direzione nazionale del PD.

“Oggi è una giornata carica di significato – ha detto il segretario PD – il pensiero corre alla grande figura di Moro e della scorta ma il 9 maggio è doveroso richiamare altre donne e uomini: è l’anniversario della tragica uccisione di Peppino Impastato. Ma è anche il giorno di festa dell’Europa”.

Purtroppo oggi “l’Europa continua a inseguire la strada della paura. Il Brennero è l’esempio più concreto, ahimè non l’unico. Quando hai scommesso su un’Europa che non abbia confini interni ma a fronte di questo non hai il coraggio di essere conseguente appena emerge un piccolo segnale di difficoltà o disagio, ti mostri poco credibile agli occhi della tua gente. Se crei fantasmi o credi ai fantasmi creati da altri, chi è più bravo ad alimentare paure e generare mostri, vince sempre”.

“Noi possiamo raccontarci quello che vogliamo ma da quando abbiamo vinto le europee qualcosa è cambiato, meno di quanto voluto ma più di quello che loro avrebbero pensato. La costante rivendicazione del cambio di paradigma in politica economia ancora non è sufficiente a nostro giudizio ma 27 miliardi di flessibilità sono tutt’altro che briciole. Chi dice che è poco non ha mai preso un bilancio in mano”. Così Matteo Renzi, in direzione, ha rivendicato l’iniziativa italiana in Ue su politica economica e migratoria. “La rivendicazione della flessibilità è un richiamo alla necessità di un cambio di passo sulle grandi questioni di politica eco e fiscale. Ricordo che al vertice del giugno 2014, ero solo come un virus in quella stanza a chiedere non che ci fosse non un riferimento alla flessibilità ma un richiamo, non è che non volevano darci la flessibilità, non volevano neanche citarla ritenendo la semplice evocazione verbale come un agguato”.

“Tutti ad applaudire” gli interventi sull’Europa di Barack Obama e di papa Francesco, “e poi che accade? Accade che l’Europa continua ad inseguire la strada della paura”. “C’è la necessità di una grande scommessa politica sull’Europa. È da contrastare l’idea che si possa fare una scommessa sulla paura”, ha aggiunto. “Obama ha ricordato all’Europa cosa deve essere e cosa non è più, innanzitutto negli occhi dei propri leader. Se i leader non indicano una direzione, poi non si possono lamentare che i cittadini non camminino al passo giusto”, ha sottolineato. “Papa Francesco ha detto “cosa ti è successo Europa?” e ha innestato riferimenti di grandissimo impatto a lavoro, economia sociale, a un’Europa che sia capace di veder crescere i sogni delle persone in un orizzonte non circondato alla paura”.

Matteo Renzi, durante la direzione PD, ha lanciato una nuova sfida al Pse. “Se vogliamo fare qualcosa di serio come Pse, e ci proveremo coinvolgendo a Roma i capi di governo, dobbiamo giocare la carta dell’economia innovativa, dell’immigrazione con una strategia di ampio respiro ma anche affermare che il tema chiave è l’identità culturale, l’educazione e il capitale umano”.
“Oggi è il momento di lanciare la terza sfida: le prime due su immigrazione ed economia sono bel lungi dall’essere vinte e vanno combattute ma credo che alla fine la realtà sarà più forte. La terza sfida è inserire il tema della cultura, dell’educazione, del capitale umano come elementi fondamentali della nuova Europa. Perché quando Papa Francesco dice che l’Europa è patria dell’umanesimo evidenzia una potenzialità non espressa ancora pienamente”, ha sottolineato il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

“Questa battaglia credo che dovremo farla da qui fino al 2017 quando auspicabilmente saremo nel consiglio sicurezza Onu (speriamo di farcela, è una battaglia difficile), ospiteremo nell’ultima settimana di maggio il G7 in Italia e a Roma il 25 marzo del prossimo anno ospiteremo assieme alla presidenza di turno maltese il sessantesimo anniversario trattati”, ha spiegato. “Ci prenderanno per matti? Forse. Ma credo che ci prenderanno drammaticamente sul serio”.

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Non abbiamo nessun motivo per continuare una sfibrante discussione interna quando altri nostri compagni sono impegnati in prima fila della campagna delle amministrative. Non chiedo una moratoria delle polemiche. Ma si deve fare uno sforzo per non vergognarsi di ciò che abbiamo fatto in questi anni e di ciò che dobbiamo fare sul territorio. Non voglio sottacere i tanti problemi sul territorio: sono meno di quelli che i media raccontano, più di quelli che dovrebbero esserci”.
“Accade a due compagni di partito di essere assolti dopo otto anni e di non riuscire ad andare sulle pagine nazionali se non per qualche trafiletto dopo che i titoli delle indagini avevano aperto i tg. Quando chiediamo, rispettando i magistrati, che si vada a sentenza, non stiamo chiedendo la luna ma la civiltà giuridica e il rispetto dei valori della Carta costituzionale”.
“Abbiamo fatto molti interventi sulla giustizia che non hanno cambiato le opinioni dei giornali ma gli articoli del codice penale”, ha sottolineato.
“Non entriamo in polemiche che incomprensibilmente altri vorrebbero, auguriamo buon lavoro a chi serve lo Stato, diciamo che abbiamo interesse che ci sia la massima visibilità a tutte le indagini. I magistrati di Potenza rapidamente vadano a processo: è dovere civile sapere se ci sono persone che inquinano o no, è dovere per un paese non vivere di valutazioni fatte a caldo o sulle indagini. Si vada a processo e contemporaneamente rispettiamo le sentenze, non troverete mai un mio commento su sentenza”.
C’è un doppio-pesismo incredibile e non mi riferisco solo alla Toscana a 5 Stelle o alla Lombardia in camicia verde, chi è garantista con i suoi e giustizialista con gli altri è insopportabile. Noi siamo genuinamente garantisti, non chiediamo dimissioni Nogarin, lui farà le sue valutazioni con il suo consiglio comunale”.
In vista della amministrative di giugno tutti i dirigenti del PD devono impegnarsi sul territorio a “tirare su il simbolo del PD”, con “orgoglio”, rivendicando le cose fatte a livello europeo, nazionale e locale, così da far guadagnare “uno-due punti, specie nelle città in cui rischiamo di non entrare al ballottaggio”. Se non lo diciamo noi chi lo fa? Se ci vergogniamo noi, chi ci mette la faccia?”.
Renzi ha riferito un suo colloquio con Piero Fassino: Mi ha detto ‘hai sbagliato a dire che c’è nel PD una questione senza dire che la maggioranza di noi sono persone straordinariamente per bene’. È vero, siamo 50 mila amministratori, siamo la più grande comunità di amministratori in Europa. Siamo fieri ma dovremmo esserlo di più”. “Il PD – ha proseguito – deve fare uno sforzo in più per raccontare cosa ha fatto”.

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Dal 20 maggio al 15 luglio mobilitazione permanente nelle strade

Dal 20 maggio al 15 luglio lanciamo una mobilitazione permanente: quel giorno dovremo presentare le firme per il referendum costituzionale. Sono già presentate da deputati e senatori, formalmente il referendum è già in pista. Ma credo che sia giusto che il PD faccia quello che stanno facendo anche gli altri: andare piazza per piazza a chiedere comunque ai cittadini di mettere la firma sulla richiesta del referendum e diffondere il più possibile comitati dal basso”. Lo ha detto Matteo Renzi parlando alla direzione PD.

I comitati dal basso” per il sì al referendum costituzionale “non costituiscono per niente un’ossatura di soggetto futuro perché il passato, presente e futuro si chiamano PD”.
“Facciamo cinque mesi di mobilitazione straordinaria del PD per vincere in quanti più comuni possibile e il referendum” con “la nostra forza interna se avremo il coraggio di non chiuderci nelle nostre diatribe interne. Dal giorno dopo, congresso. Nelle modalità che riterrete: a tesi o in altri modi, farlo durare tre mesi, sei mesi o un anno. Potrete scegliere l’arma con cui si gioca e ci potremo dire le cose in faccia: per me è fondamentale l’arma della franchezza”.

“Un minuto dopo il referendum se andrà bene come io credo, si deve continuare il percorso delle riforme, il 2017 avrà eventi internazionali ma contemporaneamente io aprirei la fase congressuale anticipando di qualche mese il congresso”.

Al prossimo congresso del PD “io ci sarò”.

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