La CGIL è in prima fila nella campagna del No alla riforma
costituzionale. Quello che pochi sanno è che, appena nel 2014 la stessa
CGIL chiedeva una riforma costituzionale pressoché identica a quella a
cui adesso dice no. “Per la CGIL” si legge nel documento congressuale
sulla base del quale Susanna Camuso è stata eletta alla segreteria del
sindacato “sono necessari alcuni interventi di riforma da attuarsi
secondo le procedure costituzionalmente previste dall’articolo 138.”
Fin qui, siamo d’accordo. Fin qui, è esattamente quello che è stato
realizzato. Andando avanti con la lettura del documento si legge che la
CGIL ritiene necessario “il superamento del bicameralismo paritario
perfetto con l’istituzione di una camera rappresentativa delle regioni e
autonomie locali”, “il
riordino delle competenze di Stato e Regioni disciplinate dall’articolo
117 nell’ambito della riforma del Titolo V, a competenza esclusiva
statale alcune materie di legislazione concorrente rafforzando la funzione regolatrice nazionale”, “istituzione delle aree metropolitane” e, dulcis in fundo, l’approvazione di una “legge nazionale (…) sulla riforma dell’istituto referendario che introduca il ‘quorum mobile’ (legato all’influenza registrata nell’ultima elezione dell’organismo che ha legiferato)”.
A leggere il documento della CGIL verrebbe da pensare che il Sindacato
sia saldamente dalla parte del Sì: il bicameralismo viene superato, si
rimette mano al Titolo V, si eliminano le Province con conseguente
rafforzamento delle aree metropolitane, si istituisce una camera delle
autonomie e si introduce, per i referendum abrogativi, quello che la
CGIL chiama “quorum mobile”.
Perché oggi la dirigenza della CGIL nega ciò, essa stessa, aveva proposto e sostenuto?
Questa riforma costituzionale si limita a mettere in pratica quasi 30
anni di discussioni, bicamerali e commissioni speciali. Entrare nel
merito della riforma significa capire che questa riforma non inventa
nulla di straordinario o stravagante. Il 4 dicembre la scelta sarà
semplice: portare a compimento un dibattito che si trascina da decenni,
oppure lasciare tutto esattamente come l’abbiamo trovato.
Cari iscritti alla CGIL, leggete il documento congressuale del vostro
sindacato e confrontatelo con la riforma. Siamo convinti che tanti di
voi decideranno di votare Sì.
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