martedì 3 gennaio 2017

Evidentemente glielo avevano tenuto nascosto! ;-) Grillo ha scoperto che l'avviso di garanzia non è una condanna

Sul Blog di Beppe Grillo (...chè la proprietà è sua e non del movimento) viene pubblicato il Codice di comportamento del MoVimento 5 Stelle in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie

All’inizio della loro esperienza amministrativa, il Movimento Cinque Stelle chiedeva le dimissioni per chiunque fosse coinvolto – anche solo sfiorato – in un’ipotesi di reato. E lo faceva al grido di "onestà! onestà!" tutte le volte che vedeva un politico iscritto nel registro degli indagati. Con una verve quasi godereccia. Ma erano altri tempi.

Oggi infatti il mondo dei Cinque Stelle scopre la presunzione d’innocenza e nel testo del nuovo codice di comportamento in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie – pubblicato sul Blog di Beppe Grillo – mette nero su bianco il mutamento tutto grillino del rapporto tra politica e giustizia: “la ricezione di un avviso di garanzia – si legge nel codice – non comporterà alcuna automatica valutazione di gravità dei comportamenti”.

Da oggi, quindi, non basterà più l’avviso di garanzia a far scattare in automatico sanzioni nei confronti di un eletto che fa parte del Movimento: secondo il nuovo testo grillino – su cui dovrà esprimersi la maggioranza degli iscritti al M5S mediante consultazione in rete – la parola viene affidata al Collegio dei probiviri e al Comitato d’appello, che valutano caso per caso. Sarà invece sufficiente un comportamento eticamente inaccettabile, anche se non con conseguenze penali, per portare a provvedimenti.

Un cambio di passo sostanziale, legato probabilmente al coinvolgimento dei molti amministratori grillini in vicende giudiziarie (vedi gli esponenti della giunta Raggi, i sindaci di Parma e Livorno solo per citare i primi casi). La linea del movimento guidato da Beppe Grillo diventa così attendista, praticamente garantista.

Eppure, soltanto un anno fa (dicembre 2015), il leader pentastellato Luigi Di Maio non la pensava esattamente così: “Di fronte a un avviso di garanzia bisogna dimettersi – tuonava il giovane vicepresidente della Camera – sono contrario alla presunzione d’innocenza per un politico“. E se andiamo a consultare il codice etico della giunta Raggi – quel famoso patto firmato da tutti gli assessori capitolini – si legge che “ciascun consigliere assume l’impegno di dimettersi laddove venga iscritto nel registro degli indagati”.

Dov’è finito dunque quel cinico giustizialismo che caratterizzava le fasi iniziali del M5S?  Alla fine la linea che ha prevalso nell’entourage pentastellato è quella di leggere intanto le carte e i capi d’accusa di eventuali avvisi di garanzia e, soltanto più avanti, prendere una decisione.

Ma delle due l’una. O si tratta di un cambio di passo ideologico (per carità, legittimo e peraltro anche corretto in uno Stato di diritto) o più banalmente questo nuovo approccio con la giustizia rappresenta un’opportunità puramente politica. Entrambe le ipotesi, in ogni caso, mettono in risalto un punto: il venir meno della tanto sbandierata coerenza a Cinque Stelle.

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