Intervista a Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali su Corriere della sera: “Non escludo un decreto legge sui voucher, ma l’esecutivo sta cercando un accordo con il Parlamento”
Ministro, il governo non ha ancora fissato la data dei referendum su voucher e appalti? Paura del voto?
«Assolutamente no, la data sarà fissata. Ma chiariamo una cosa. I voucher non c’entrano niente con il Jobs act e con Poletti. Da quando i buoni lavoro furono istituiti, nel 2003, tutti i governi ne hanno ampliato l’utilizzabilità. Noi invece lavoriamo per tenerli sotto controllo. Abbiamo vietato i voucher negli appalti e introdotto il monitoraggio dei buoni, e prepariamo nuove misure per circoscriverli al lavoro occasionale, come era in origine».
Con un decreto legge?
«Non lo escludo. Cerchiamo però un’intesa col Parlamento che sta esaminando varie proposte di legge. Decideremo insieme quale è lo strumento legislativo migliore. Per il governo una cosa è chiara: si potrà continuare a usare i voucher solo per attività realmente occasionali e mai per sostituire contratti di lavoro».
Ne parlerà con i sindacati il 21 febbraio?
«Ho convocato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per aprire la discussione sulla fase due della riforma previdenziale e ad affrontare i temi delle pensioni dei giovani lavoratori, in particolare quelli con carriere discontinue».
Ma ci sarà tempo per la fase due? Lei è favorevole a votare subito o alla scadenza naturale, nel 2018?
«Penso che il Parlamento dovrebbe approvare una legge elettorale che favorisca la governabilità, come richiesto anche dalla Consulta, e subito dopo sia meglio andare al voto. Peraltro, la legislatura va verso la sua conclusione».
Non a giugno, se prima ci vuole la legge elettorale.
«Dipende dalle forze politiche e dal Parlamento».
Ministro, la questione giovanile riguarda molto da vicino il suo dicastero. C’è il rischio di pensioni insufficienti domani mentre oggi i giovani faticano a trovare un lavoro, soprattutto stabile. Che cos’è che non funziona?
«Il problema è molto serio. I giovani sono stati colpiti duramente dalla crisi economica, dal blocco del turn over nel pubblico impiego, dalla riforma Fornero che ha alzato l’età per la pensione. Per invertire la tendenza c’è bisogno di crescita dell’economia e di introdurre la flessibilità in uscita sulle pensioni, come il governo sta facendo, e di favorire l’alternanza scuola lavoro. abbiamo ottenuto un buon risultato: ci sono già 600 mila ragazzi coinvolti e in tre anni saranno un milione e mezzo gli studenti che faranno un’esperienza lavorativa».
Che effetto le ha fatto leggere la lettera del giovane di Udine che si è suicidato e ha tirato in ballo anche lei per il fatto di non aver mai trovato un lavoro stabile, e forse per quella frase infelice sui giovani italiani all’estero?
«Quella di Michele è una vicenda molto dolorosa. Davanti a un gesto drammatico come questo tutti dobbiamo interrogarci. Credo sia fondamentale evitare che giovani come Michele restino e si sentano soli. Anche il ministro del Lavoro sente una responsabilità in più perché crescano le opportunità di impegno e di lavoro per i nostri giovani».
Torniamo alle pensioni. A maggio partirà l’Ape, l’anticipo pensionistico. Ci sono spinte per ampliare la platea dell’Ape agevolata, includendovi per esempio gli invalidi civili col 60% di invalidità anziché il 74%. Sarà possibile?
«Noi dobbiamo applicare la legge con un decreto che sarà emanato entro i primi di marzo. Le categorie ammesse all’Ape agevolata sono definite dalla legge, così come la percentuale per l’invalidità civile. Non possiamo modificare queste cose con un provvedimento applicativo. Le soluzioni che abbiamo trovato, d’intesa coi sindacati, sono un punto di equilibrio tra equità, flessibilità e vincoli di bilancio».
Un gruppo di lavoratori precoci, che per andare in pensione devono raggiungere 41 anni di contributi, le ha scritto chiedendole perché invece il governo ha stanziato 650 milioni per mandare in pensione con 7 anni di anticipo i bancari.
«Il governo ha cercato di fare un’operazione larga, inclusiva. C’è l’Ape, ma anche l’uscita anticipata per i precoci, la 14ma, la no tax area, il cumulo gratuito. Il tutto cercando di non mettere determinate categorie di lavoratori contro altre. Peraltro, la spesa per i dipendenti delle banche è spalmata su cinque anni».
Il reddito d’inclusione per contrastare la povertà, annunciato due anni fa, non si sa ancora quando partirà.
«Mi auguro che il Senato approvi presto la legge delega. Subito dopo avremo i decreti attuativi. Che però dovranno andare anche questi in Parlamento per i previsti pareri. Per ora andiamo avanti con il Sia, il sostegno all’inclusione attiva. Quest’anno abbiamo a disposizione 1,6 miliardi di euro. Potremo raggiungere 430mila famiglie con minori per un totale di circa 1,7 milioni di persone che poi continueranno col reddito d’inclusione».
(Il Corriere della Sera, 11 febbraio 2017)
Nessun commento:
Posta un commento