lunedì 11 dicembre 2017

Intervista de "La Repubblica" al Segretario PD: “Vedo un’Italia viva: ora puntiamo a vincere”

Intervista al segretario PD Matteo Renzi: “Si fosse parlato dei risultati dei governi PD di questi quattro anni quanto si è discusso del mio carattere, oggi ci sarebbe piena consapevolezza del miracolo che ha fatto il PD nel far uscire il Paese dalla crisi

di Tommaso Cerno, La Repubblica, 10 dicembre 2017

Matteo Renzi, Como si riempiva di bandiere, dal PD, alla Cgil all’Anpi. Di solito litigate. Vista da qui la sinistra sembra unita.
«Bellissimo non solo per la sinistra, per gli italiani. Ci sono valori che ci uniscono, quello più profondo è l’antifascismo. Dispiace sia stata snobbata da una parte della destra. Noi oggi abbiamo organizzato e offerto il palco anche a chi ci critica, perché questo è il Pd. Non a caso ieri Forza Nuova ha detto che il vero nemico è il Pd: onoratissimi, noi siamo un’altra cosa».

I 5 Stelle parlano di «strumentalizzazione del PD». La destra, Salvini in particolare, ha definito gli skinhead di Como «quattro ragazzini».
«Valuti lei. Il capo di quegli skinhead ha detto alla radio che Hitler ha fatto cose buone e Mussolini fece il solo errore di perdere la guerra. Noi ci apprestiamo a ricordare gli 80 anni delle leggi razziali, ma non c’è memoria. Non basta però la piazza: serve il servizio civile obbligatorio per almeno un mese, l’educazione civica, i viaggi della memoria con i ragazzi delle scuole. Su queste cose giocheremo parte della campagna elettorale. Giusto dare i bonus ai diciottenni, anche perché funzionano e fanno comprare i libri. Ma accanto ai diritti, abbiamo bisogno di più doveri per la nuova generazione. Forse non va di moda ma è giusto».


A proposito di memoria, recente. Lei da qualche tempo se ne sta un po’ di lato. Presenta libri, gira l’Italia. Prova ad allargare la coalizione. Eppure cala nei sondaggi. E’ la strada giusta?
«La sinistra va male, anzi malissimo ovunque. In Francia e Olanda è al 6%, in Germania è al minimo storico e ripropone una Grosse Koalition ma con l’Spd junior partner, nel Regno Unito Corbyn non blocca la May. Insomma l’Europa ci mostra un quadro di devastazione della sinistra. Era giusto provare ad allargare, e anche vedere le carte degli altri, seriamente».

D’Alema ha combattuto Occhetto, Prodi, Veltroni, Fassino: che adesso combatta anche me è quasi rassicurante, si vede che non cambia mai.

Pisapia ha detto ciaone.
«E mi spiace, molto. Però adesso si parte, il generoso lavoro di Piero Fassino ha comunque prodotto una coalizione che sarà ufficializzata in settimana. L’Italia è l’unico grande paese europeo in cui la sinistra ha chance di vittoria. Ma bisogna che adesso la squadra del Pd sia compatta: mancano tre mesi alle elezioni, ora puntiamo a vincere, stop alle polemiche».

Lei parla di squadra, ma qui ci si può fare un campionato solo con le liste della sinistra. Come la vede dopo lo strappo di Grasso?
«Ha un difetto e un pregio. Il difetto è che addolora e dispiace. Mentre il pregio è che fa chiarezza agli italiani su chi cercava un’intesa e chi no. Per me è inspiegabile che mentre la sinistra europea cerchi unione su temi e progetti, in Italia questo non accada. Ci abbiamo provato fino alla fine: purtroppo ha vinto la linea di chi voleva la rottura, la linea di D’Alema. Del resto D’Alema ha combattuto Occhetto, Prodi, Veltroni, Fassino: che adesso combatta anche me è quasi rassicurante, si vede che non cambia mai. Forse però alla fine meglio così: gli elettori potranno scegliere in piena libertà».

 Avverto la forte responsabilità di non consegnare il Paese alla destra. Perché in Italia ha dimostrato che quando va bene è incapace, quando va male è pericolosa

Non sarà anche colpa sua? Il suo carattere, la leadership secondo alcuni troppo solitaria.
«In questi mesi ho vissuto in modalità zen. Si fosse parlato dei risultati dei governi Pd di questi quattro anni quanto si è discusso del mio carattere, oggi ci sarebbe piena consapevolezza del miracolo che ha fatto il Pd nel far uscire il Paese dalla crisi. Per me il centrosinistra è qualcosa di più grande rispetto alle discussioni sul mio carattere. Mai come in questo periodo la linea è stata decisa in modo collegiale e condiviso e in campagna elettorale vorrei che fossero in prima linea anche gli altri, da Gentiloni ai ministri, dagli amministratori alla società civile. Avverto la forte responsabilità di non consegnare il Paese alla destra. Perché in Italia ha dimostrato che quando va bene è incapace, quando va male è pericolosa».

Il sondaggio di Repubblica a cura di Ilvo Diamanti vede una destra molto forte soprattutto al Nord.

«C’è una cosa che non accetto: la rassegnazione che parte del gruppo dirigente sembra avere al primo sondaggio. Un leader non si fa impaurire dal sondaggi, ma li cambia facendo una battaglia aperta, casa per casa. Abbiamo una base di volontari unica: una rete di 61.597 responsabili di seggio. Metteremo candidati credibili e radicati. Per rispetto alla nostra gente esigo solo una cosa: che il gruppo dirigente del Pd abbia voglia di vincere. Non di partecipare. Cinque anni fa, nel dicembre 2012, il Pd era dato al 36%, Sel al 6%. La mitica campagna elettorale di chi voleva smacchiare il giaguaro ci fece perdere oltre dieci punti. Nei sondaggi oggi siamo testa a testa. Tiriamo fuori orgoglio e determinazione e andiamo a vincere».

I due presidenti delle Camere, Grasso e Boldrini, sono scesi in campo in alternativa a lei. Che giudizio ne dà, istituzionale e politico?
«Dal punto di vista istituzionale è sorprendente: mi pare che i precedenti siano Irene Pivetti e Gianfranco Fini con risultati, se ben ricordo, non eccellenti. Sul piano politico, i miei auguri a Grasso e Boldrini per la loro avventura, il Pd è una comunità diversa, che va oltre i personalismi».

Parlare di personalismi nel Pd: corda a casa dell’impiccato?

«Noi non mettiamo il nome Renzi sul simbolo. Per scegliere il segretario da noi votano in milioni di persone alle primarie».

C’erano 22 milioni di occupati nel febbraio 2014, adesso ce ne sono 23 milioni. Un milione di persone in più, di cui il 61% a tempo indeterminato. Gente che dice grazie al Jobs act.

Ma le si potrebbe obiettare: un Pd senza Boldrini, Grasso, Bersani e D’Alema è meno di sinistra?
«Per me la sinistra è quella che mette la fiducia sui diritti civili e che combatte le diseguaglianze dando più soldi al ceto medio. È quella del REI, misura contro la povertà, ed è quella che fa la legge sul dopo di noi. È quella che combatte il caporalato e i reati ambientali. Che reintroduce il falso in bilancio e il divieto di dimissioni in bianco. Che blocca gli sbarchi ma lavora sulla cooperazione internazionale. C’è chi si accontenta di dire che è di sinistra. E c’è chi fa cose di sinistra».

Le contestano il Jobs act.
«Rispondo con i numeri. C’erano 22 milioni di occupati nel febbraio 2014, adesso ce ne sono 23 milioni. Un milione di persone in più, di cui il 61% a tempo indeterminato. Gente che dice grazie al Jobs act. Perché se difendi l’articolo 18 ma cresce la disoccupazione, non fai l’interesse dei lavoratori. Lo dicevano anche al Congresso del Pds nel 1997. Poi tutto ciò che serve per aumentare il numero dei lavori a tempo indeterminato va fatto: abbiamo stabilizzato molti precari, ma la sfida per la nuova generazione è enorme. Ma parliamoci chiaro: nei collegi uninominali ogni voto dato a Grasso e D’Alema è un voto regalato a Berlusconi e Salvini. La nostra gente questo lo sa. Mentre sul proporzionale la partita per il primo posto sarà a due: Pd contro Grillo».

Metta in fila da Gentiloni a Minniti, da Franceschini a Orlando, da Delrio a Martina. E poi guardi i volti dei dirigenti Cinque Stelle: chi è più credibile?

Proprio ieri Di Maio ha detto che l’incarico di premier sarà suo.

«L’incarico lo dà il Presidente della Repubblica, non il Sacro Blog. Dunque vedremo. Ma accetto la sfida dei Cinque Stelle. In campagna elettorale noi lo chiederemo agli italiani: volete loro o noi? Si battono mostrando le loro contraddizioni culturali e identitarie. Si tirano sempre indietro: Ius soli, unioni civili, antifascismo. A Torino la prima cosa che hanno fatto è stato tagliare i fondi alla cultura. Non è una partita Renzi versus Di Maio, ma tra due classi dirigenti: la nostra squadra contro la loro. Metta in fila da Gentiloni a Minniti, da Franceschini a Orlando, da Delrio a Martina. E poi guardi i volti dei dirigenti Cinque Stelle: chi è più credibile?».

Di voi dicono che, alla fine, farete il governo con Berlusconi. No?
«No. Anche perché Berlusconi è bravissimo a camuffarsi. In questa campagna elettorale sembra un passante. Ma ce lo ricordiamo vero che lui è il principale responsabile di questi lustri? Che lui è Mister Spread? Che sta ripromettendo le stesse cose del 1994 perché non le ha mai fatte? E le uniche promesse mantenute – dall’Imu all’Irap gliele abbiamo realizzate noi. Io non contesto ciò che Berlusconi ha fatto: contesto ciò che Berlusconi non ha fatto».

Però è ancora lì.

«Il referendum lo ha fatto risorgere. Ma avevamo detto che sarebbe accaduto, no?».

A proposito, Fi chiede la grazia per Dell’Utri, in carcere per associazione mafiosa. Il braccio destro di Berlusconi pare stia male e voglia lasciarsi morire.

«Questo esula dalla battaglia politica. Per me Dell’Utri, come chiunque altro, deve essere curato nel migliore dei modi».

Passiamo agli ex berlusconiani che lei conosce bene. Angelino Alfano ha deciso di non ricandidarsi. Sollievo?
«La decisione di Alfano è un gesto nobile, frutto di un vero tormento interiore. Più volte è stato accusato di essere un poltronaro».

Beh, come dar torto?
«Quando Alfano ruppe con Berlusconi fece il bene del Paese. Non capisco chi giudica Di Battista una specie di eroe perché non si candida, mentre ad Alfano non riconosce questa coerenza».

Coerenza per coerenza. C’è il caso Etruria. C’è il caso Boschi.
«Vicenda incredibile. Si parla solo di questo per non toccare i veri problemi del sistema bancario italiano. Diciamolo forte e chiaro: noi abbiamo mandato a casa Boschi senior e tutto il CdA di Etruria. Commissariati, chiaro? Senza guardare in faccia nessuno. La Boschi ha avuto una mozione di sfiducia respinta dalla Camera, ha detto in Aula delle cose che nessuno è in grado di smentire, e ha deciso di agire anche in tribunale contro chi l’ha infangata. Bene. Chiarito per l’ennesima volta questa storia, noi torniamo a dire: sulle banche non abbiamo scheletri nell’armadio. Vogliamo la verità. Chi si accontenta della fake news “Pd amico dei banchieri” faccia pure, ma la Commissione di inchiesta ha mostrato molte cose interessanti, soprattutto sulle banche venete. Che saranno utili
per il futuro. Perché a me sta a cuore che il sistema bancario funzioni meglio di come ha funzionato in questi anni».

Ma Visco l’ha criticato solo adesso. Perché prima no?
«Non ho parlato di Visco prima perché il governatore ha per legge una scadenza. Ne ho parlato alla scadenza. Il governo ha scelto la conferma, io non ero d’accordo. Non l’ho più nominato dopo. Gli auguro buon lavoro. I danni alle banche li hanno fatti i ladri, non le guardie. Ma le guardie – cioè la vigilanza istituzionale – non hanno funzionato come avrebbero dovuto. Nessuno mi smentisce perché è la verità e a microfoni spenti lo ammettono tutti, anche quelli che ti attaccano davanti alle telecamere».

Intanto c’è Gentiloni. Sembra in attesa di un bis. Al punto che la resa sullo lus soli sembra legata al fatto che il governo non rischi la sfiducia a fine corsa. È così?

«Gentiloni sarà in campo alle elezioni con i simboli del Pd. Toccherà a lui in futuro? Lo deciderà il Presidente della Repubblica. Oggi la mia unica preoccupazione è che il prossimo premier sia del Pd. Ecco perché dico a tutti, mettiamoci in modalità campagna elettorale. Quanto allo Ius soli: se non passa non è colpa di Gentiloni o del Pd, ma di chi negai numeri in Aula. Ma non accetto che il giudizio su questa legislatura sia incentrato solo su questo. Speriamo di farcela anche con lo lus soli, ma sui diritti questa legislatura ha fatto passi in avanti giganteschi. Se qualcuno pensa che l’incompetenza di Di Maio e le provocazioni di Salvini siano più utili per l’Italia rispetteremo il risultato e ne trarremo le conseguenze. Ma io vedo un’Italia viva».

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