di Antonio Misiani (Tesoriere del Partito Democratico) - da l'Unità, 2 febbraio 2012
L'inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il senatore Luigi
Lusi, tesoriere nazionale della Margherita, mette in luce con
crudezza alcuni nodi politici che vanno affrontati a viso aperto. Prima di
parlarne credo che sia necessario chiarire che l'altra sera, nella sua
performance, Maurizio Crozza, apprezzato da un vasto pubblico (tra cui il
sottoscritto), ha lasciato intendere e detto cose sbagliate. È satira, ma c'è
il rischio che per far ridere si incida nelle convinzioni di molte persone.
Alcune cose vanno dunque precisate.
Primo: il Partito Democratico e la Margherita
sono soggetti del tutto distinti, politicamente, giuridicamente ed
economicamente. Il Pd, perciò, non ha alcun titolo per determinare indirizzi e
fare controlli sul bilancio della Margherita, il cui presidente (Francesco
Rutelli) è peraltro il leader di un'altra formazione politica. I 13 milioni
di euro al centro delle indagini della magistratura sono stati sottratti
alla Margherita, non al Pd. E il Pd non ha mai girato rimborsi
elettorali alla Margherita: gli unici rapporti economici sono il pagamento
da parte del Pd della sublocazione della sede di Sant'Andrea delle Fratte e il
rimborso di alcune spese di gestione della sede e del personale
distaccato.
Secondo punto da precisare e ricordare: il bilancio
nazionale del Pd, sin dalla nascita nel 2007, è controllato fino all'ultima
fattura da una società di revisione indipendente (Price Waterhouse
Coopers, gli stessi che certificano il bilancio della Banca d'Italia). Siamo
gli unici a farlo, sulla base dì una precisa scelta politica di
trasparenza.
Terzo: il Pd ha reagito all'indagine che ha coinvolto un suo
parlamentare senza alcuna timidezza, seguendo con rigore le regole che
ci siamo dati.
I rimborsi elettorali, di gran lunga la principale
fonte di finanziamento dei bilanci nazionali dei partiti, negli anni più
recenti sono stati drasticamente ridimensionati: è stato cancellata la
prosecuzione dei rimborsi anche in caso di scioglimento anticipato della
legislatura e sono stati ridotti del 30 per cento gli stanziamenti. Nel
2010 i rimborsi elettorali ammontavano a 290 milioni. Nel 2011, con la fine dei
rimborsi relativi alle politiche 2006, questa cifra è scesa a 189 milioni. Con
la progressiva entrata in vigore dei tagli già decisi le risorse si
ridurranno ulteriormente a 143 milioni: è un livello inferiore, in termini pro
capite, a quanto viene destinato ai partiti in Germania, Francia e Spagna.
Ciò che invece è rimasto invariato è il sistema dei
controlli interni ed esterni sui bilanci dei partiti. Secondo la normativa
vigente ogni partito che riceve i rimborsi elettorali deve redigere un
rendiconto, che viene esaminato dai revisori dei conti interni. Il rendiconto è
trasmesso al Presidente della Camera e un collegio di revisori, nominato
d'intesa tra i Presidenti di Camera e Senato, verifica la regolarità formale
del rendiconto. I bilanci dei partiti sono pubblicati su due
quotidiani e sulla Gazzetta Ufficiale. Punto. È un sistema chiaramente
insufficiente, che va radicalmente cambiato guardando alle migliori esperienze
europee.
Il Pd ha da tempo detto come la pensa: proponiamo che i rendiconti
siano sottoposti obbligatoriamente alla certificazione di organismi
esterni, siano essi società di revisione o un'autorità indipendente o la
Corte dei Conti. Chi sgarra, deve perdere il diritto ai rimborsi
elettorali. I rendiconti dei partiti vanno pubblicati non solo sui giornali ma
anche su Internet, a disposizione dei cittadini che hanno il diritto di
vedere e capire come i partiti si procurano le risorse e come le
spendono.
La
trasparenza non è uno slogan, abbiamo scritto nelle pagine Internet in
cui abbiamo messo
online i conti del Pd. Oggi è una questione vitale, se vogliamo che i
partiti riconquistino la fiducia e il rispetto dei cittadini.
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