mercoledì 18 settembre 2013

Riforme, ecco la bozza dei saggi: premierato e doppio turno

È solo una bozza, la proposta messa a punto dai 33 componenti della Commissione per le Riforme Costituzionali, ma indica in modo chiaro come riformare la seconda parte della Costituzione senza stravolgerla. Con un’opera di «manutenzione» che, come hanno spiegato i due relatori della Commissione, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante, è necessaria per ridare efficienza alle istituzioni e superare la crisi economica, politica e sociale.
Il documento tocca alcuni gangli essenziali della vita istituzionale:
1) le funzioni e la composizione delle due Camere;
2) il rapporto tra governo e Parlamento;
3) il procedimento legislativo;
4) il rapporto tra Stato, Regioni e autonomie locali;
5) la forma di governo;
6) la legge elettorale.
Accanto ad alcuni temi da tempo largamente condivisi, come la fine del bicameralismo paritario, la nascita di un Senato delle autonomie, la riduzione dei parlamentari (450 deputati e un numero oscillante tra 150 e 200 senatori), i saggi propongono una soluzione originale sul tema della forma di governo, che ha visto finora contrapposti presidenzialisti e parlamentaristi.
E lo fanno indicando una «terza via», il «sistema di governo del primo ministro», offrendo anche un modello di legge elettorale coerente che prevede un doppio turno di coalizione se nessun partito o alleanza raggiunge il 45% dei voti al primo turno. Uno schema che è piaciuto trasversalmente ai sostenitori delle prime due ipotesi e che «somiglia» all’elezione diretta dei sindaci, una delle riforme che ha più funzionato e che consentirebbe la sera del voto di conoscere il nome del presidente del Consiglio.
Che somiglierebbe invece a quello britannico: la Camera (solo una) concederebbe solo a lui la fiducia, e il premier stesso avrebbe potere di nomina e revoca dei ministri. Il premier avrebbe la possibilità di chiedere al Parlamento il voto a data fissa dei disegni di legge del governo («Questo limiterebbe l’uso dei decreti», dice Violante), e avrebbe anche il potere di chiedere lo scioglimento della Camera. Il primo ministro potrebbe essere sfiduciato solo con una mozione di sfiducia costruttiva (che prevede cioè la nomina di un nuovo premier con una nuova maggioranza). Quanto al Capo dello Stato, resterebbe eletto dal Parlamento e con le attuali funzioni di garanzia, con un possibile allargamento della platea degli elettori a una delegazione di sindaci e ai parlamentari europei.
Quagliariello si è affrettato a precisare che il modello inglese «non è la ricetta dei saggi ma solo una opzione», ma Violante l’ha definito «l’asse fondamentale» della bozza. Un modo diplomatico per spiegare che sul sistema del primo ministro, che salvaguarda il bipolarismo e dà al premier poteri più ampi, una intesa tra PD e PdL è più che possibile.
Già messa nero su bianco e in attesa del via libera politico, quello che dovrà dare la commissione dei 40 (20 deputati e 20 senatori) che si riunirà a partire da gennaio. E che, secondo Quagliariello, «dovrebbe completare il suo lavoro in modo da portare il testo in Parlamento per la prima lettura prima dell’estate».
Tradotto: entro giugno uno dei due rami del Parlamento dovrebbe esaminare le riforme, in modo che Camera e Senato diano il primo sì entro agosto 2014. In questo modo in autunno ci potrebbe essere la seconda lettura e a seguire i referendum popolari (che si terranno qualunque sia la maggioranza che approverà le riforme), tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015.
Tra le proposte dei saggi, la cancellazione della parola «Provincia» dalla Costituzione, e la delega alle Regioni per disciplinare gli enti di area vasta. E un riparto più rigoroso delle competenze legislative tra Stato e Regioni, «riducendo al minimo il potere concorrente tra i due livelli di governo». Quanto al procedimento legislativo, vi sarà uno snellimento: per le leggi ordinarie l’iniziativa legislativa e il voto finale «spettano sempre alla Camera». Il Senato può richiamare le leggi entro dieci giorni e ha 30 giorni di tempo per intervenire, scaduti i quali «perde il potere di intervento».

I componenti della Commissione per le riforme costituzionali:
Michele Ainis – Università Roma 3
Augusto Barbera – Università di Bologna
Beniamino Caravita di Toritto – Università la Sapienza Roma
Lorenza Carlassare – Università di Padova
Elisabetta Catelani – Università di Pisa
Stefano Ceccanti – Università Roma 3
Ginevra Cerrina Feroni – Università di Firenze
Enzo Cheli – Presidente Emerito Corte Costituzionale
Mario Chiti – Università di Firenze
Pietro Ciarlo – Università di Cagliari
Francesco Clementi – Università di Perugia
Francesco D’Onofrio – Università La Sapienza Roma
Giuseppe de Vergottini – Università di Bologna
Giuseppe Di Federico – Università di Bologna
Mario Dogliani – Università di Torino
Giandomenico Falcon – Università di Trento
Franco Frattini – Presidente Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale
Maria Cristina Grisolia – Università di Firenze
Massimo Luciani – Università La Sapienza Roma
Stefano Mannoni – Università di Firenze
Cesare Mirabelli - Presidente Emerito Corte Costituzionale
Anna Moscarini – Università della Tuscia
Ida Nicotra – Università di Catania
Marco Olivetti – Università di Foggia
Valerio Onida - Presidente Emerito Corte Costituzionale
Angelo Panebianco – Università di Bologna
Giovanni Pitruzzella – Università di Palermo
Anna Maria Poggi – Università di Torino
Carmela Salazar –Università di Reggio Calabria
Guido Tabellini – Università Bocconi di Milano
Nadia Urbinati – Columbia University
Luciano Vandelli – Università di Bologna
Luciano Violante – Università di Camerino
Lorenza Violini – Università di Milano
Nicolò Zanon – Università di Milano

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