Intervista
di Francesco Rei a Graziano Delrio (La Repubblica, 22 agosto 2014)
«L'Italia ce la farà». Graziano Delrio, braccio destro
di Renzi, non ha dubbi. E intanto smentisce i tre incubi dell`estate:
patrimoniale, contributo sulle pensioni e blocco dei contratti. «Ma l`Europa
deve abbandonare la paura e tornare a essere un luogo di speranza e di
investimenti». Nessuno screzio con Renzi. «L`unico nostro problema è che
lavoriamo troppo». E Forza Italia resterà fuori dal governo, perché «le
responsabilità devono essere chiare».
Passati i primi sei mesi di governo, passato
l`entusiasmo, una nube nerissima sembra di nuovo all`orizzonte dell`Italia. E
la narrazione del declino ineluttabile ha ripreso vigore. Delrio ce la facciamo?
«Alla grande ce la facciamo! Siamo una grande potenza,
abbiamo grandi talenti, abbiamo una manifattura che tutto amando ancora ci
invidia. Questa sensazione di sconfittismo è davvero stupefacente. Giorni fa
una statistica mostrava come, a parità di reddito, i cittadini italiani si
"sentissero" più poveri degli americani.11nostro problema è che ci
sentiamo molto peggio di come stiamo realmente. Coraggio, serve più ottimismo,
la capacità nostra di fare c`è».
Difficile essere ottimisti se nel governo è ripartito
il carosello di dichiarazioni intorno al prelievo sulle pensioni. Ci sarà si o
no?
«A palazzo Chigi non abbiamo nessuna proposta in
questo senso. E siccome decide palazzo Chigi, cioè Renzi, escludo in maniera categorica
che ci saranno interventi sulle pensioni».
L`altra ipotesi che fa capolino, per trovare i soldi
necessari a rilanciare gli investimenti, è quella di una patrimoniale. Esclude
anche questa?
«Benché quest`estate il sole non si sia fatto vedere
troppo, qualcuno deve aver comunque preso un colpo di calore. La filosofia di
questo governo non è mettere nuove tasse, semmai rimettere qualcosa nelle
tasche degli italiani. In sei mesi abbiamo dato 80 euro a 11 milioni di
italiani, abbiamo ridotto l`Irap del 10 per cento, la bolletta energetica per
le imprese e i contributi Inail per oltre un miliardo. Noi siamo quelli che
levano le tasse, non quelli che le mettono».
Luca Ricolfi è convinto che siano state le imposte
sulla casa a bloccare la domanda interna. Si può immaginare un alleggerimento
della Tasi?
«E vero che quella sulla casa fu una tassazione
violenta, ma il paese era sull`orlo del collasso. Quella di Monti è stata di
fatto una grande patrimoniale, ma ha salvato i conti dello Stato. Ora la Tasi
vale in media quanto l`Imu 2012, con qualche comune che fa pagare di più e
qualcun altro di meno».
Quindi ce la teniamo?
«Il tema vero è fare quello che ci raccomanda
l`Europa, ovvero completare la riforma del catasto. Ci sono ancori troppi proprietari
che pagano poco per appartamenti di lusso accatastati come popolari e,
viceversa, tantissimi che pagano cifre elevate per case che andrebbero valutate
al ribasso. La revisione servirà a introdurre elementi di equità e ci sarà
anche chi pagherà di meno».
Leviamo di torno un`altra delle "voci"
estive che ha fatto infuriare i sindacati. Si parla di un nuovo blocco
contrattuale del pubblico impiego. Cosa c`è di vero?
«È un altro dossier mai arrivato a palazzo Chigi.
L`abbiamo letto dai giornali».
Tutto questo ottimismo è dovuto al fatto che l`Istat
rivedrà i criteri di calcolo del Pil e vi troverete magicamente un tesoretto da
spendere?
«Non cambierà molto in termini quantitativi. Non
confidiamo in qualche decimale in più ma nella capacità nostra e degli ita- liani
di rimboccarsi le maniche».
Intanto sarebbe bello sapere se il governo darà
seguito alla promessa di Renzi di estendere il bonus di 80 euro...
«Noi siamo il governo dei fatti, quelli che mantengono
le promesse. Avevamo detto che l`avremmo esteso non appena fosse stato
possibile. Ora purtroppo siamo in presenza di una congiuntura negativa che
nessuno - Ocse, Ue, Bce - aveva previsto».
Quindi niente estensione degli 80 euro?
«Si farà il possibile. Intanto manteniamo la promessa
di renderli strutturali per chi già ne ha goduto nel 2014».
Con quali soldi?
«Quelli della spending review».
E la manovra di quanto sarà? Proviamo a dare un
ordine di grandezza: venti, venticinque, trenta miliardi?
«Aspettiamo la nota di aggiornamento del Def del primo
ottobre. Di certo ci sarannoo i sedicimiliardi della spending review». Prima ci
sarà il corpo a corpo con le istituzioni europee. E vero che stiamo cerchiamo
di contrattare una discesa del deficit strutturale più blanda? «Non vogliamo
regole specifiche per l`Italia. Ho letto l`intervista di Hollande pubblicata
ieri da Repubblica e sono totalmente d`accordo: non vogliamo essere un caso,
non chiediamo sconti, pretendiamo che la flessibilità già prevista dai trattati
sia applicata a tutta l`eurozona. Il problema è che 1`Ue non può più chiudere
gli occhi davanti a quello che sta accadendo».
E cosa dovrebbe fare?
«Deve smetterla di farsi influenzare solo dalle
proprie paure. La paura a volte è utile e ci ha portato a inventare uno
strumento come il Fondo salva Stati. Ma l`Europa non può essere solo questo.
Deve tornare a essere l`Europa degli investimenti, della crescita, della
speranza, dei giovani che trovano un lavoro. Il piano Junker elaborato grazie
anche all`Italia, con quei 300 miliardi di investimenti, va in questa
direzione».
E noi cos`altro possiamo fare per tirare la testa
fuori dall`acqua?
«Altro? In sei mesi abbiamo fatto la riforma
costituzionale, quella elettorale, stiamo attuando la delega fiscale, stiamo
per approvare quella del lavoro, e poi la riforma della P. A., i beni
culturali, il piano per spendere i fondi europei. 1129 agosto approveremo la
riforma della giustizia, della scuola, lo Sblocca Italia. È un lavoro ciclopico
ed è stato possibile grazie a una grande squadra con una capacità non comune di
lavorare insieme».
Veramente si parla di screzi sempre più forti tra lei
e Renzi...
«Invenzioni, Matteo lo vedo dieci ore al giorno tutti
i giorni. L`unico problema che abbiamo è che lavoriamo troppo entrambi».
E Forza Italia? Non si sta avvicinando troppo al
governo?
«Sono molto affezionato alla distinzione dei ruoli,
anche perché così un domani si saprà a chi dare la colpa. Noi siamo per
dialogare con tutti sulle regole, ma il governo è affidato alla maggioranza che
c`è. E da li non ci muoviamo. Auspico piuttosto che Sel e Cinque stelle, ora
che la riforma costituzionale passerà alla Camera, abbandonino l`ostruzionismo
e si aprano ad un approccio più collaborativo».
Lei ha in mano la delega sui fondi europei. È vero
che, per alleviare il bilancio, pensate di ridurre la quota di cofinanziamento
nazionale alle regioni del Mezzogiorno?
«Assolutamente no, il cofinanziamento resta immutato.
Si può discutere invece di darlo a seconda delle capacità di spesa delle
amministrazioni regionali Ma nessuna regione perderà un euro. Se la Puglia avrà
il 50%, la Calabria magari avrà solo il 25% e il restante 25% come piano
nazionale. Ma sempre a beneficio dei cittadini calabresi».
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