mercoledì 11 novembre 2015

Una proposta di legge per dire basta alla vergogna dei "gadget fascisti"

Marco Di Maio, giovane deputato forlivese del PD, è il primo firmatario di una proposta di legge "Modifica all’articolo 4 della legge 20 giugno 1952, n. 645, al fine di vietare la produzione, la distribuzione, la diffusione e la vendita di beni mobili raffiguranti immagini o simboli del disciolto partito fascista".
"Si tratta di una questione non solo legislativa, ma anche simbolica", scrive Di Maio. "La proposta di legge è di un mese fa, ma è balzata agli onori delle cronache in occasione del ripetersi delle cerimonie nostalgiche a Predappio per effetto di alcuni comunicati stampa, ma non vi è alcun legame tra le due questioni".
Per Di maio, lo sforzo da compiere deve orientarsi su due fronti: "il primo è quello di produrre le leggi che regolamentino meglio, chiariscano quelle esistenti e soprattutto siano applicabili e fatte rispettare; il secondo (ed è la parte più difficile) è favorire un salto culturale che, senza fare sconti di nessun tipo al fascismo come ad ogni regime totalitario, consenta di leggere in chiave storica e sociale come si è potuti arrivare a quei fenomeni. Altrimenti quel "mai più" tante volte pronunciato da tanti di noi nelle manifestazioni e nelle occasioni pubbliche (lo dico da convinto iscritto all'Anpi), rischia di rimanere fine a se stesso".

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La relazione di presentazione della proposta di legge:
Il fenomeno della vendita di oggetti riportanti simboli o immagini del disciolto partito fascista ha raggiunto nel nostro Paese proporzioni e livelli inaccettabili: vi sono ormai numerosi esercizi commerciali, cresciuti numericamente nel corso del tempo, spesso dotati di regolare licenza commerciale, nei quali vengono quotidianamente e impunemente venduti accendini, magliette, bottiglie di vino e altri innumerevoli oggetti che si richiamano attraverso immagini e simbologie al disciolto partito fascista. È peraltro ormai cosa nota che il volume di affari che ruota intorno alla diffusione e alla commercializzazione di tali prodotti ha raggiunto proporzioni sempre più consistenti.
La costante vendita, alla «luce del sole» e in luoghi aperti al pubblico di tali oggetti finisce peraltro per incidere sulla credibilità del nostro stesso Paese anche nelle relazioni con altri Stati, i cui rappresentanti spesso non riescono a comprendere come in Italia sia possibile derubricare a una questione di «folklore» ciò che nel loro Paese sarebbe considerato un oltraggio.
Occorre dunque porre rimedio, quanto prima, a questa grave lacuna normativa e arginare questo deprecabile fenomeno, rendendo esplicitamente illegale ciò che fino ad ora non è stato considerato tale.
La presente proposta di legge, pertanto, si pone l’obiettivo di integrare la legge 20 giugno 1952, n. 645 – la cosiddetta legge Scelba, ossia quella che dà attuazione alla XII disposizione transitoria della Costituzione che vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista – introducendo un nuovo comma, all’articolo 4, che stabilisca che chiunque produca, distribuisca, diffonda o venda, direttamente o attraverso qualsiasi modalità, anche telematica, beni mobili raffiguranti immagini o simboli che si richiamano all’ideologia fascista o nazifascista commette reato di apologia di fascismo ed è assoggettato alla stessa pena prevista dal primo comma dello stesso articolo 4 per questo reato, ossia alla reclusione da sei mesi a due anni e alla multa da euro 206 a euro 516
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