Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani |
Federica Fantozzi (l’Unità, 12 Marzo 2016)
«Qui si respira profumo di Ulivo, di centrosinistra geloso dei suoi valori e delle sue tradizioni» proclama Pier Luigi Bersani arrivano alla Posta dei Donini di San Martino al Campo, oggi teatro della convention della minoranza Pd e nel 2006 luogo del “conclave” del governo targato Romano Prodi.
È un crocevia di simbolismi e non è stato scelto a caso. La tre giorni di Sinistra Riformista, l’ala del partito che fa capo a Roberto Speranza, Guglielmo Epifani e Bersani stesso si propone in modo esplicito di «costruire un’alternativa» al renzismo in vista del prossimo congresso Dem.
Nel segno di un Ulivo 2.0: ricostruire il «campo largo» del centrosinistra (in sala c’è chi sottolinea che un luogo di discussione del centrosinistra «non esisteva dal 2013») e riallacciare il dialogo con soggetti sociali come sindacati, categorie, associazioni. È l’ex capogruppo alla Camera Speranza a dare il senso politico dell’evento citando Prodi e le «radici forti» che ha lasciato: «Dobbiamo avere il coraggio di osare». E poi scandendo i temi «di sinistra»: il contrasto alla povertà e non l’addio all’Imu per tutti, la sanità universale e non la scuola riformata contro gli insegnanti. In sala applaudono Vincenzo Visco, Vasco Errani, Nico Stumpo, Miguel Gotor, Ciccio Ferrara.
Ma sull’esordio della kermesse aleggia la durissima intervista di Massimo D’Alema al Corsera: il Partito della nazione c’è già, la cultura dell’attuale Pd è estranea a quella originaria, Renzi è più simile a Berlusconi che al Professore, la minoranza non incide. Parole che sembrano evocare, infine, la scissione: «Sta crescendo enorme malessere, nessuno può escludere che nasca un nuovo partito». Un tema che agita la platea, ma che, dopo Gianni Cuperlo, i protagonisti della convention umbra spazzano dal tavolo. Non è la loro prospettiva. Lo esclude già Epifani: «La nostra battaglia è dentro il partito, anche se c’è un clima di difficoltà tra gli elettori». «D’Alema è frizzantino come il suo vino...» è la battuta che circola. Speranza chiude con nettezza: «La nostra sfida è convintamente dentro il Pd, con due piedi e senza ambiguità. Ma vogliamo correggere la rotta, renderlo migliore e non la voce di uno solo».
Non basta. Sottolinea che ci saranno esponenti della minoranza nelle liste del partito alle comunali: «In queste amministrative saremo sempre dove c’è il simbolo del Pd». Anche se il giudizio sulle primarie è impietoso: «Quando si sbaglia bisogna saper chiedere scusa. Non possiamo passare a primarie senza più partito...». Intanto, anche la minoranza dialogante di Sinistra è Cambiamento boccia lo scenario di una scissione: «È un’idea folle – dice il ministro Murizio Martina – serve uno scatto in avanti unitario, altro che separarsi». E arriva il saluto di Enrico Letta, invitato ma assente: «Vi seguo, consapevole che Italia e Europa vivono momenti drammatici in cui rilancio morale e nuova cultura politica appaiono urgenti».
E dunque, via al convegno con le obiezioni della sinistra Dem su identità e gestione del Pd: «Servono umiltà e confronto, non la pretesa di avere la risposta giusta – sostiene Speranza - Dove va il Pd? È ancora un grande progetto di centrosinistra o sta diventano il partito della nazione con dentro tutto? Le alleanze innaturali di questo periodo sono ancora figlie dell’emergenza politica o si trasformano in disegno strategico? Troppo spesso il Pd ha spalancato le porte al trasformismo, altro che rottamazione».
A Renzi l’erede politico di Bersani manda un messaggio: «Non fidarti solo di chi dice sì, del cerchio magico in cui rischi di chiuderti, fidati della tua gente».
L’ultimo intervento della giornata spetta a Bersani, che si mette «nel solco» di Speranza sulle considerazioni politiche: «Le nostre strade si dividono? Se esce Renzi. Noi siamo nel Pd con tutti e due i piedi per contribuire al percorso del partito e del centrosinistra». L’ex segretario si concentra piuttosto sulla situazione economica globale, con l’Ue che arretra: «Per ilanciare la produttività il governo chiami le parti sociali».
Poi un richiamo all’eguaglianza sociale e all’inclusività: «Nessuno si chiede quanti soldi ci vogliono per la maternità surrogata?».
All’azione di governo Bersani riserva più di una critica: «In molti campi si fanno privatizzazioni alla rovescia, si va indietro anziché avanti». Quanto alla riforma delle banche cooperative: «Se insistono a cancellare l’indivisibilità delle riserve, rispondo “anche se metti 10 fiducie non te la voto”. Te la fai votare da Verdini che è un noto esperto». Neanche la gestione del Nazareno è esente da appunti: l’ex ministro solleva il tema del doppio incarico di Renzi, del «deperimento organizzativo, della permeabilità del partito, della verticalizzazione del comando». E conclude: «In Parlamento si rappresenta e non si obbedisce. C’è una pericolosa cappa di conformismo. Anche nell’informazione». Sulla candidatura di Speranza al congresso glissa: «È un fuoriclasse».
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