mercoledì 1 marzo 2017

Quale legge per il fine vita?


Donata Lenzi (Deputato PD)
Il recente caso della morte in Svizzera di Fabiano Antoniani “Dj Fabo” ha riportato di attualità il dibattito sulla morte assistita e sulle proposte di legge in discussione in Parlamento sul “fine vita”. Prima di morire ha fatto scalpore la denuncia di Fabiano verso I politici italiani di indifferenza verso i malati, costretti all’esilio… per morire. E si sono anche moltiplicati gli appelli per introdurre norme attese da anni per l’eutanasia legale.

In realtà da un anno è avviata in parlamento la discussione su una proposta di legge che si chiama “consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento” in linguaggio comune biotestamento. Pensando a persone come Fabiano si sente soprattutto l’obbligo morale di portare a termine tale legge di cui sono relatrice (la cosiddetta legge sul fine vita). Anche se fosse stata già in vigore Fabiano avrebbe dovuto comunque emigrare, lui aveva chiesto l’eutanasia che è e resterà vietata. Ma questa legge lo riguarda. Riguarda tutti noi, sani e malati e, meglio, avrebbe riguardato anche lui.

Il punto fondamentale del disegno di legge in discussione alla Camera è infatti l’importanza data alla volontà del malato. È lui che deve avere l’ultima parola riguardo alle sue cure. Dobbiamo far capire ai medici che un paziente non è solo il corpo, la malattia, ma una persona fatta di relazioni, convinzioni, fede, della storia della sua vita. Tutte cose che lo portano a trovare una terapia o una situazione sopportabile o meno. Occorre domandarsi se nei vari passaggi seguiti al suo tragico incidente, a Fabiano sia stato chiesto cosa volesse veramente. E’ stato messo in grado di scegliere sapendo cosa comportavano le sue scelte?

In questo quadro i punti fondamentali della legge sono la volontà del paziente da rispettare e la possibilità di rifiutare tutti i trattamenti compresi l’idratazione e la nutrizione. Noi pensiamo che debba prevalere la volontà del paziente, altri che debba prevalere l’obbligo del medico di intervenire a difesa della vita anche se il malato è contrario.

Le divisioni di opinioni in seno al Parlamento, oltre al ruolo del medico, riguardano anche come considerare I trattamenti di idratazione e nutrizione. Noi pensiamo si tratti di cure, e quindi rinunciabili da parte del malato. Non stiamo parlando di pappe o panini, ma di sondini naso-gastrici  o altri dispositivi messi da medici, e attraverso i quali entrano liquidi prescrivibili da sanitari.

Ritengo che alla Camera ci sia una maggioranza trasversale, favorevole al provvedimento, che si esprimerà positivamente anche col voto segreto.

Fermo restando che la legge in discussione sul biotestamento non tratta di suicidio assistito, occorre anche ricordare che in Italia il suicidio non è vietato e non è un reato. Magari un giorno si arriverà ad approvare una legge sul suicidio assistito, se verranno spostati i limiti culturali. Il tema spesso viene affrontato dicendo che in questo modo si introdurrebbe “un diritto a morire”. E’ un approccio che ritengo fuorviante. Non credo esista un diritto a morire, ma quello a vivere la propria vita pienamente fino alla morte. Nel 2002 la Corte di Strasburgo rifiutò il suicidio assistito ad un paziente inglese (caso Pretty) ma riconobbe la possibilità di staccare la spina ad un’altra (miss b) affetta da Sla. Ed è questa la linea che abbiamo seguito: distinguere tra il rifiuto delle cure e chiedere l’eutanasia.

L’introduzione dell’eutanasia, a cui sono contraria, porrebbe infatti numerosi problemi. Tra gli altri mi preoccupa il fatto che in un Paese con una popolazione sempre più anziana, con una sanità in crisi, l’eutanasia finisca con l’essere non una libera scelta culturale ma una scelta favorita o obbligata a causa di situazioni esterne quali la solitudine o gli alti costi economici dell’assistenza.

Soluzioni come quelle introdotte in Francia con la possibilità della sedazione profonda per i malati terminali infine affrontano un altro tipo di problema. Non si tratta di eutanasia perché non si affretta la fine del malato, si toglie semplicemente il dolore fisico e psicologico addormentando la coscienza. In fondo fa parte delle cure palliative. C’è un emendamento nella legge che prevede la sedazione profonda a tutti i malati terminali che la chiedano dopo aver rifiutato cure e terapie. Lo possiamo accogliere.

Mi auguro comunque che il parlamento discuta nel merito e non con i toni della guerra di religione, o peggio ancora con l’ostruzionismo. Sarebbe questa una sconfitta per tutti.

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