Il regista Ermanno Olmi |
Il compito degli artisti forse non è quello di renderci migliori, ma sicuramente è quello di interrompere il corso delle nostre abitudini con la folgorazione di un pensiero. Come ha fatto ieri Ermanno Olmi parlando dalla sessantottesima Mostra del Cinema di Venezia di un cristianesimo che, ha spiegato, gli impone ancora oggi, a ottant’anni , di correre dei rischi. Come quello di aiutare chi ne ha bisogno, anche se la legge dovesse proibirlo.
Così, con queste poche parole, anche la televisione si è fatta strumento di chiarezza, dopo anni in cui abbiamo sentito propagandare dal video norme razziste o l’indifferenza di fronte alle sofferenze di cui ogni giorno ci fanno pure vedere le immagini. Gli ammassi umani di Lampedusa, i corpi degli annegati e quelli degli imprigionati in attesa dell’espulsione perché, per legge, a loro non si applicano i diritti umani.
Il razzismo dei leghisti non ha niente di ridicolo: ha radici profonde come il loro opportunismo politico. Basta vedere l’intolleranza che Umberto Bossi e Roberto Maroni riservano alle necessità religiose degli immigrati e la tolleranza che dimostrano per i vizi del puttaniere sputtanato.
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