domenica 11 marzo 2012

La mafia lo uccise nel 1948. Dopo 64 anni ritrovati i resti del sindacalista Placido Rizzotto.

Placido Rizzotto
«Una pietra da ogni Comune e da ogni Regione d’Italia, per costruire la tomba di Placido Rizzotto a Corleone». La proposta arriva dalla CGIL siciliana, per ricordare il sindacalista CGIL ucciso dalla mafia nel 1948, i cui resti trovati in un burrone in provincia in Palermo sono stati identificati pochi giorni fa.
«Vogliamo dare il segno - dice Mariella Maggio, segretaria generale della CGIL Sicilia - di un paese unito nella lotta contro la mafia, che si stringe attorno a un suo martire». E proprio quel martire, a 64 anni dalla morte, potrebbe avere finalmente dei funerali. Esequie di Stato, come ha proposto per primo l’europarlamentare del PD David Sassoli appena l’esame del dna ha confermato che quelle ossa ritrovate tre anni fa sui monti di Rocca Busambra appartengono a Rizzotto.
Walter Veltroni, membro della commissione Antimafia, scrive: «Al Presidente Napolitano e al presidente Monti: funerali di Stato per Placido Rizzotto. Per dire che anche lo Stato non dimentica».
«Doverosi i funerali di Stato per un martire della lotta per la democrazia e per la libertà in Sicilia», dice la CGIL nazionale.
All’appello per i funerali di Stato aderisce anche l’ex leader della CISL Sergio D’Antoni: «È giusto onorare adeguatamente la memoria di un simbolo così importante dell’antimafia». Così anche il suo predecessore Pierre Carniti e Roberto Cuillo. Tra i primi ad aderire Cesare Damiano: «Rizzotto voleva difendere la legalità e la dignità di chi voleva lavorare senza dover abbassare la testa ai soprusi. Oggi più che mai la sua figura è attuale». D’accordo il segretario dei socialisti Riccardo Nencini, secondo cui lo Stato deve onorare chi «ha dedicato la vita ai valori della libertà e della giustizia e alla difesa dei più deboli e fu tra i primi a combattere con coraggio l’oppressione mafiosa». Giuseppe Giulietti e Vincenzo Vita sottoscrivono l’appello e chiedono alla Rai di trasmettere sulle reti principali il film di Pasquale Scimeca sulla figura di Rizzotto, andato in onda venerdì su Rai Storia.
«Bisogna promuovere una serata dedicata a questo eroe civile». Raffaele Scassellati, presidente di una sezione ANPI di Torino, scrive: «Merita di essere commemorato con tutti gli onori, in quanto, oltre che un valoroso sindacalista, si era distinto anche come partigiano dopo l'8 settembre, unendosi alla Brigata Garibaldi ed aveva anche costituito la sezione ANPI a Corleone».

Chi era Placido Rizzotto
Placido Rizzotto era nato a Corleone, in Sicilia, nel 1914. Rimasto orfano di madre da piccolo dovette lasciare la scuola per mantenere la famiglia dopo l’arresto del padre, accusato ingiustamente di associazione mafiosa. Durante la Seconda guerra mondiale combatté in Carnia, in Friuli, e dopo l’8 settembre si unì ai partigiani della Resistenza; tornò in Sicilia a guerra finita. Qui divenne presidente dell’ANPI, l’associazione dei partigiani, si iscrisse al Partito Socialista Italiano e divenne sindacalista della CGIL. Rizzotto cercò di convincere i contadini a ribellarsi al sistema di potere della mafia, che possedeva gran parte della terra, opprimeva i lavoratori e li assumeva soltanto su raccomandazione e per motivi nepotistici: li guidò nell’occupazione delle terre gestite dalla mafia e nella distribuzione dei terreni incolti alle famiglie oneste. 
La mafia tentò di isolarlo e lo minacciò più volte. Rizzotto proseguì nelle sue lotte e continuò a guidare il movimento contadino di occupazione delle terre, diventando anche segretario della Camera del Lavoro di Corleone.
Rizzotto sostenne con forza i Decreti Gullo, che imponevano l’obbligo di cedere in affitto alle cooperative contadine le terre incolte o malcoltivate dei proprietari terrieri. Uno dei terreni che vennero assegnati alle cooperative apparteneva a Luciano Liggio, all’epoca giovane mafioso di Corleone che negli anni Cinquanta si affermò come uno tra i più sanguinosi boss della mafia.
La mafia decise di reprimere i tentativi di rivolta dei contadini e il 1 maggio del 1947 sparò contro duemila persone – soprattutto contadini – che manifestavano contro il latifondismo a Portella della Ginestra. Undici persone furono uccise, ventisette restarono ferite, negli anni sulla strage si fecero molte altre ipotesi e riflessioni relative agli interessi di chi, oltre la mafia, poteva voler reprimere le rivolte. La situazione di Rizzotto divenne sempre più difficile, peggiorata anche dal cattivo rapporto con Liggio: Rizzotto lo aveva umiliato pubblicamente sollevandolo durante una rissa scoppiata tra ex partigiani e uomini del boss mafioso Michele Navarra – a cui Liggio era affiliato – e appendendolo all’inferriata della villa comunale.
Il 10 maggio del 1948 Rizzotto, che aveva 34 anni, venne attirato in un’imboscata da Pasquale Criscione, un compagno del sindacato fedele a Navarra, e venne rapito e ucciso nella campagna di Corleone. La CGIL proclamò uno sciopero generale. Giuseppe Letizia, un pastore di 13 anni, assistette al suo omicidio di nascosto ma venne scoperto e fu ritrovato il giorno dopo dal padre, mentre delirava. Questi lo portò nell’Ospedale dei Bianchi, diretto da Navarra, dove il ragazzo, sempre delirante, parlò di un contadino assassinato durante la notte e venne curato con un’iniezione. Morì pochi giorni dopo per tossicosi, molto probabilmente avvelenato su ordine di Navarra.
Le indagini sull’omicidio di Rizzotto vennero condotte dall’allora capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e portarono all’arresto di Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, che confessarono di aver rapito Rizzotto insieme a Luciano Liggio. Collura raccontò anche che Liggio aveva gettato il corpo di Rizzotto nelle foibe di Rocca Busambra, dove il 7 settembre 2009 sono stati trovati i resti riconosciuti come quelli di Rizzotto confrontandone il DNA con quello del padre, morto da tempo e riesumato. Criscione e Collura ritrattarono la confessione durante il processo e furono assolti per insufficienza di prove.
Nel 2000 è uscito il film Placido Rizzotto, diretto da Pasquale Scimeca e dedicato alla vita del sindacalista: il film ha ricevuto critiche perché non parla mai esplicitamente della militanza di Rizzotto nel Partito Socialista e lo dipinge invece come comunista.

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