La sera delle elezioni europee, confesso, non ce lo aspettavamo
neppure noi un risultato così. E non perché non avessimo fiducia nelle
persone che avevamo incontrato nelle piazze italiane che ci dicevano di
andare avanti, di non sprecare quella occasione, a differenza di soloni e
gufi che, già allora, dalle colonne dei giornali o nelle terrazze e nei
salotti, raccontavano che non ce l’avremmo mai fatta, che inseguivamo
Grillo, che la destra xenofoba era montante, che la nostra birra era
già, dopo soli due mesi, finita.
Avevamo capito che qualcosa di profondo si stava smuovendo nel nostro
paese, ma sarebbe insincero sostenere che ne avessimo colto appieno la
portata, la dimensione. Il 40.8 – il più grande risultato da 48 anni –
ci ha consegnato una enorme responsabilità. L’orgoglio, certo, di una
sinistra, di un partito che sa vincere, e vince. Il più grande partito
europeo per percentuali e numero di voti, con un successo anche alle
regionali e le amministrative. Ma soprattutto il carico di un mandato,
di una missione quasi, affidataci da più di undici milioni di elettori,
ma che vale per tutti gli italiani che sentiamo di rappresentare al
governo di questo paese. Corrispondere a questo affidamento non è
facile, fa tremare i polsi. Ma è quello che stiamo cercando di fare
giorno dopo giorno. Con le riforme istituzionali, il Senato e il titolo
V, assieme a quelle economiche, sul lavoro, la pubblica amministrazione,
la giustizia civile, la scuola, la cultura.
Ogni tanto qualcuno ci viene a fare la lezione sulle priorità, che
noi abbiamo ben chiare. E che riguardano, complessivamente, l’assetto
dell’Italia, la sua capacità come comunità di fare fronte agli impegni
presi e alle sfide di una competizione globale, alla nostra storia e al
futuro di un grande Paese europeo, tanto più nel pieno del nostro
semestre di presidenza dell’Unione. È questo il senso dei mille giorni,
che i soliti noti hanno voluto leggere come un rallentamento della
nostra azione di cambiamento, e invece ne costituisce l’orizzonte, la
profondità, l’intensità di un mandato di legislatura. Un compito che ci
impegna come governo e come partito.
Oggi il Pd è guardato in tutta Europa, e non solo, come un
riferimento, talvolta indicato come modello dai nostri partner
socialisti, come in passato facevamo noi con il New Labour britannico o
la Neue Mitte tedesca. Anche questa è una responsabilità che sentiamo
come democratici e che non mettiamo là in una teca, come un trofeo, ma
come un investimento sul nostro futuro. Un partito sveglio, in rete,
ficcato nel territorio come un chiodo, impegnato non a parole sulla
parità, aperto al mondo, curioso, ambizioso, intransigente sui diritti
da difendere, come abbiamo fatto riportando a casa Meriam o andando in
Iraq a dire ai profughi che scappano dal terrore che l’Europa è lì con
loro.
Abbiamo scelto di abbinare questa spinta verso il futuro che sempre
contraddistingue i democratici e i progressisti con l’orgoglio per le
nostre radici, per le culture che si sono mescolate nell’impasto unico
del Pd; quelle della sinistra, della sua tradizione, del cattolicesimo
democratico, del liberalismo, dell’ambientalismo. Abbiamo scelto di
chiamare le nostre feste de l’Unità, per dire che questa è casa nostra,
una casa aperta, e che il giornale fondato da Antonio Gramsci tornerà a
vivere, a creare dibattito, a sferzare e sferzarci, come ha fatto in
tutti questi anni e come fa Europa, più giovane, ma vitale.
Tutti noi siamo chiamati a uno sforzo di sobrietà, di rigore, di
trasparenza. È quello che abbiamo cominciato a fare, con determinazione,
con le iscrizioni, il fundraising. I giorni della Festa de l’Unità di
Bologna saranno l’occasione per preparare una stagione di governo che
sarà difficile e appassionante, perché stiamo cambiando l’Italia.
Coinvolgendo, e non escludendo. Correndo, ma senza lasciare nessuno
indietro, come il Festina lente (affrettati lentamente) che mi ha
accompagnato per tanti anni a Palazzo Vecchio a Firenze. Aprendo, senza
perdere mai il senso di chi siamo e da dove veniamo.
Buona Festa a tutti, ai volontari di Bologna e di tutte le feste in
corso da settimane in giro per l’Italia, ai militanti, ai curiosi che
passeranno a sentire un concerto, alle donne e agli uomini che
onoreranno il credito concesso al Pd dagli italiani.
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